Articoli , pensieri e riflessioni sul celibato sacerdotale (o celibato ecclesiastico) e sulla castità come consiglio evangelico.
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giovedì 22 maggio 2014

Don Giuliano Fiorentini (Comunità di recupero Oikos) sul celibato

Da Vatican Insider

Ha mai avvertito l'obbligo del celibato come una privazione?

"Mai. Giro tutto il giorno tra i miei parrocchiani e tra i ragazzi delle comunità di recupero e vivo la mia dedizione totale a Cristo come una sublimazione. La soluzione non è consentire ai preti di sposare le loro amanti, ma ordinare uomini sposati come accade nella Chiesa ortodossa. Ma per quanto mi riguarda il celibato costituisce un grande valore spirituale e pastorale"


Non si tratta di un dogma ma di una norma disciplinare…

"E' un istituto caratteristico con salde radici evangeliche e una verità che fa parte della storia della Chiesa. Certo, la disciplina della Chiesa può sempre essere ridiscussa a differenza delle verità della fede, però personalmente non ho mai avvertito una "lacuna" nel mio vivere da padre e fratello al servizio dei fedeli. Il riferimento a Cristo è la chiave assolutamente necessaria per la comprensione della realtà sacerdotale. Già Paolo VI nell'enciclica "Sacerdotalis caelibatus" riconobbe che il celibato sacerdotale viene messo in discussione in un tempo caratterizzato da una profonda trasformazione di mentalità e di strutture".


Ha mai sentito una "limitazione" nella vita di relazione? 

"Tutt'altro. Il celibato rende il prete libero per contatti pastorali di dono radicale al prossimo. Si tratta di una libertà scelta senza alcun condizionamento, in piena consapevolezza. Ed è poi in favore dei fedeli che indirizzo questa libertà. In un recente documento ho letto un'analisi a questo riguardo che condivido completamente. E cioè, è più difficilmente vivibile un celibato semplicemente "dietro la scrivania" oppure una vita da funzionario, che trascura il piano delle relazioni umane, in termini psicologici, mentre un pastore d'anime zelante ha addirittura più esperienza di vita di certi uomini sposati. Il problema semmai è un altro".


Quale?

"Nella Chiesa manchiamo spesso di misericordia. E invece i gesti sono importanti. Nella mia parrocchia ho introdotto la prassi della benedizione di chi non è in condizione di ricevere i sacramenti. Mettono le mani incrociate sul petto e ricevono la benedizione del sacerdote o del diacono. L'importante è il senso di paternità, il prendersi cura degli altri, il non far sentire nessuno escluso. E' lo stesso motivo per il quale mi piazzo davanti alla porta della chiesa per accogliere con una stretta di mano chi viene a messa. Non è questione di clero celibe o uxorato. E' questione di vivere la propria missione per gli altri spalancando il cuore a chiunque cerchi Dio come ci insegna a fare papa Francesco".